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VIVERE UNA PERDITA

IL DOLORE DEL LUTTO

Donna sul davanzale della finestra

Il lutto è la risposta naturale alla morte, ovvero alla perdita di una persona cara, e allo stesso tempo rappresenta uno dei maggiori eventi traumatici all’interno del ciclo di vita.

 

Perdere qualcuno comporta un profondo dolore che può accompagnare la persona per molto tempo.

Il processo di elaborazione del lutto è lungo e può durare fino a 18 mesi. 

 

Tra i modelli più accreditati, quello di Kübler-Ross, nato dall'esperienza con i malati terminali, ipotizza 5 fasi del processo che si conclude con l’accettazione della scomparsa della persona amata.

Cos'è il lutto?

È importante ricordare che queste fasi non hanno lo scopo di definire rigidamente gli step da affrontare, ma di comprendere la complessità emotiva che ciascuno può vivere in modo soggettivo e personale.

Quali sono le fasi del lutto?

Rifiuto: questa fase è caratterizzata dal tentativo di negazione della perdita. È il momento in cui pensieri come: “Non è possibile!” e il “Non ci credo” sono predominanti. La negazione è uno dei primi meccanismi di difesa che mettiamo in campo quando ci accorgiamo che ciò che è successo è difficile da accettare e superare. La persona vive questo periodo in uno stato di shock chiedendosi come riuscire a sopravvivere a quella sofferenza.

Rabbia: il pensiero più frequente è "La vita è ingiusta". In questa fase entrano in gioco diversi attori, come i familiari, il personale medico o il credo religioso. È il momento delle accuse, nel tentativo di trovare un colpevole sul quale scaricare la propria frustrazione. In realtà, la rabbia è funzionale all'elaborazione del lutto perché si attacca alla realtà, diventando la spinta propulsiva per andare avanti. 

Contrattazione: questa fase rappresenta un tentativo illusorio di ripristinare la vita prima dell'evento traumatico. Spesso si prova a venire a patti con figure di riferimento, personale medico e sanitario, per ripristinare la realtà di prima. Questo patteggiamento è spesso inconscio, ma apre le porte ad una dimensione di progettazione in cui la persona inizia a mettere in gioco la ricerca di soluzioni.

Depressione: questo stato d'animo arriva con la consapevolezza che non si può tornare alla vita di prima. Ci si sente tristi proprio perché si inizia a sentire la mancanza del defunto, o a comprendere che non ci sono alternative alla morte, propria o di un'altra persona. La negazione e la rabbia si affievoliscono per dare spazio ad un senso di sconfitta.

Accettazione: questa fase prevede l'acquisizione graduale di un nuovo equilibrio. Non significa che le emozioni provate fino a quel momento, come rabbia e depressione, spariscono, ma riescono ad avere un impatto minore nella quotidianità. L'accettazione implica una certa capacità di integrazione perché prevede la ricostruzione di una realtà diversa, in cui la persona scomparsa non ritornerà e, allo stesso tempo, la consapevolezza di poter convivere senza di lei.

 

Il primo ad introdurre il concetto di elaborazione sana e patologica del lutto fu S.Freud (1915) che fece la distinzione tra lutto, momento in cui il mondo viene percepito come “svuotato” e privo di valore, e la melanconia, sentimento per il quale è la persona stessa a sentirsi insignificante ed inutile. 

 

Quando si parla di lutto complicato?

In tempi più recenti, si parla di lutto complicato o disturbo da sofferenza prolungata quando, a distanza di almeno dodici mesi dalla morte del defunto, 

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